In un mondo sempre più interconnesso e complesso, il tema della convivenza e dell’identità assume un’importanza centrale. Questa riflessione nasce dall’approfondita conversazione tra Cristin Cappelletti della Comunità Bahá’í d’Italia e Gabriele Segre, direttore della Fondazione Vittorio Dan Segre, scrittore e ricercatore esperto in temi di identità, convivenza e politiche pubbliche. Gabriele, autore del libro La cultura della convivenza (Bollati Boringhieri), ci accompagna in un viaggio intellettuale volto a comprendere come, oggi più che mai, sia necessario ridefinire l’identità e costruire un senso condiviso del “noi”.
Attraverso questo articolo esploreremo le sue riflessioni, approfondendo le dinamiche sociali che frammentano il tessuto sociale, la polarizzazione crescente, e la sfida di mantenere la libertà individuale insieme a una progettualità collettiva. Rifletteremo anche sul concetto di identità italiana, sul ruolo della partecipazione attiva nella società e sull’importanza di costruire pace e tolleranza nella vita quotidiana.
Qual è il tuo lavoro e ambito di ricerca?
Il ruolo della Fondazione Vittorio Dan Segre
Gabriele Segre è direttore della Fondazione Vittorio Dan Segre, un’istituzione nata sei anni fa in memoria di Vittorio Dan Segre, studioso che ha dedicato la sua vita ai temi della convivenza e della coesistenza tra diverse identità. La fondazione si concentra sullo studio delle identità come chiave per comprendere le relazioni sociali nel mondo contemporaneo. Il lavoro di ricerca di Gabriele, che si riflette anche nel suo libro La cultura della convivenza, si pone una domanda cruciale: come possiamo vivere insieme senza rinunciare a ciò che siamo?
Questa domanda è al centro delle sfide sociali del nostro tempo, soprattutto in una società in cui la libertà personale e l’espressione dell’individualità sono sempre più valorizzate. La sfida consiste nel trovare un equilibrio tra libertà individuale e necessità di relazione con l’altro, in un mondo sempre più affollato e interconnesso, dove l’educazione sociale e collettiva diventa fondamentale per progettare un futuro comune.
La convivenza come sfida del presente e del futuro
Il lavoro di Gabriele Segre si concentra su questa tensione tra libertà e relazione. Nel 2024, all’alba di un nuovo millennio, la domanda su come tenere insieme ambiti di libertà personale e necessità di progettualità condivisa è più attuale che mai. La società contemporanea si confronta con il bisogno di mantenere spazi di espressione individuale senza rinunciare alla capacità di costruire relazioni sociali significative e durature.
La convivenza, quindi, non è solo un fatto sociale ma una questione culturale da affrontare con intelligenza e apertura. La ricerca di Gabriele, che spazia dalla teoria alla pratica, cerca di fornire strumenti per comprendere e gestire questa complessità, offrendo una visione di società più inclusiva e partecipativa.
Perché hai scelto di occuparti di convivenza e identità?
Un bisogno storico e culturale inedito
La scelta di Gabriele Segre di dedicarsi allo studio della convivenza e delle identità nasce da un’esigenza crescente e nuova nella storia dell’umanità. Per la prima volta, infatti, la società moderna offre la possibilità culturale e sociale di esprimere liberamente la propria identità individuale senza dover necessariamente rinunciare a sé stessi per mantenere il tessuto sociale.
In passato, la storia umana è stata dominata dalla necessità di limitare le libertà individuali per garantire l’unità e la coesione sociale. Oggi, invece, viviamo un’epoca in cui la libertà di essere ciò che si è diventa un valore da conquistare e difendere, ma allo stesso tempo ci si confronta con la necessità di mantenere un senso di comunità e di progetto collettivo.
Questa doppia esigenza – libertà individuale e convivenza sociale – rappresenta una sfida inedita che richiede un ripensamento profondo delle relazioni sociali e delle identità, non più viste come entità fisse e statiche, ma come elementi dinamici e pluralistici.
Identità multiple e dinamiche: una nuova prospettiva
Un elemento centrale nell’approccio di Gabriele è la concezione delle identità come molteplici e in continua evoluzione. Ognuno di noi non è definito da un’unica identità immutabile, ma da un insieme di identità che si intrecciano e si modificano nel tempo e nello spazio, in relazione con gli altri.
Questa visione rompe la dicotomia rigida tra “noi” e “loro”, aprendo la strada a una convivenza basata sulla complessità e sulla pluralità delle identità. Riconoscere questa molteplicità e dinamicità è il primo passo per superare conflitti e polarizzazioni, e per costruire una società in cui la differenza non è una minaccia ma una risorsa.

“La cultura della convivenza” di Gabriele Segre: un invito alla riflessione politica per una società inclusiva.
Come possiamo superare la dicotomia del “noi e voi”?
La polarizzazione e il rischio della divisione
Uno dei problemi più evidenti nella società contemporanea è la polarizzazione crescente che si manifesta nel discorso pubblico e nelle relazioni sociali. Come sottolinea Gabriele Segre, spesso ci si trova di fronte a narrazioni che impongono una scelta netta: stare da una parte o dall’altra, “noi” contro “loro”. Questa dicotomia alimenta tensioni e conflitti, riducendo lo spazio per il dialogo e la comprensione reciproca.
Il rischio è che questa polarizzazione diventi un meccanismo claustrofobico, in cui ogni incontro con l’altro si traduce in un confronto ostile o in una chiusura identitaria. Per superare questa situazione, è necessario ripensare il concetto stesso di identità e di comunità.
Identità come relazione e comunità come progetto condiviso
Una chiave per superare la dicotomia “noi e voi” è riconoscere che le identità non sono entità univoche, statiche e innate, ma sono molteplici, dinamiche e costruite nella relazione con gli altri. Questo significa che non esiste un “noi” monolitico e immutabile, ma un insieme di identità che si intersecano e si influenzano reciprocamente.
La comunità, quindi, non è semplicemente un insieme di persone con caratteristiche comuni, ma uno spazio di intenzione e progettualità condivisa. Non è necessario che tutti condividano un progetto identico, ma è fondamentale che vi sia la volontà di costruire insieme un progetto civile e collettivo, un senso comune di partecipazione e appartenenza.
Questa visione aiuta a immaginare una società meno polarizzata, più inclusiva e aperta al dialogo, dove le differenze non sono motivo di esclusione ma di arricchimento.
È mai esistita una vera identità italiana?
Italianità come concetto dinamico e plurale
Nel dibattito sull’identità nazionale, spesso si cerca di definire se esista o meno un’identità italiana autentica e immutabile. Gabriele Segre ci invita a riflettere su questo tema con una prospettiva storica e culturale: l’identità italiana, così come ogni altra identità, è sempre stata e continua a essere un concetto dinamico, plurale e in continua evoluzione.
Elementi come la lingua, la memoria storica e il legame con il territorio sono certamente importanti, ma assumono significati diversi nel tempo e nelle diverse comunità. L’identità italiana non è un dato fisso, ma un processo di costruzione e ricostruzione continua, che si adatta ai cambiamenti sociali, culturali e demografici.
Cittadinanza e valori comuni: la base di un’identità condivisa
Un altro aspetto fondamentale è il legame tra identità e cittadinanza. L’articolo 4 della Costituzione italiana sancisce il dovere di ogni cittadino di contribuire, secondo le proprie possibilità e scelte, al progresso materiale o spirituale della società. Questo principio traduce in termini civili e sociali l’idea di un’identità costruita attorno a valori comuni e a un progetto collettivo.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Articolo 4 della Costituzione italiana
Da questo punto di vista, l’identità italiana non può prescindere dalla partecipazione attiva e consapevole di tutti gli individui, inclusi coloro che arrivano da altre culture e tradizioni. La società italiana è oggi più che mai un mosaico di identità diverse che possono trovare un senso comune proprio attraverso la condivisione di valori e obiettivi.
Cosa permette alle persone di sentirsi protagoniste del cambiamento?
Il ruolo della partecipazione e dell’inclusività
Sentirsi protagonisti del cambiamento sociale significa poter contribuire attivamente alla vita collettiva, riconoscendosi in uno spazio che valorizza la propria identità e il proprio ruolo. Secondo Gabriele Segre, la chiave di questo processo è la partecipazione, intesa non solo come presenza formale, ma come coinvolgimento reale e consapevole in un progetto condiviso.
La partecipazione crea inclusività, che non significa assimilazione o perdita delle differenze, ma piuttosto la capacità di modellare insieme una progettualità collettiva che accoglie e valorizza la molteplicità delle identità presenti nella società.
Il contesto e la possibilità di scelta
È importante sottolineare che la partecipazione e il protagonismo non sono automatici, ma dipendono dalle possibilità offerte dal contesto sociale e culturale. Le persone devono poter scegliere come e in che modo contribuire, in base alle proprie capacità e aspirazioni, e devono trovare spazi che favoriscano questa espressione.
Il rinnovamento continuo di questi spazi e della progettualità comune è essenziale per mantenere viva la partecipazione e per evitare l’alienazione o il disimpegno. La società deve quindi essere capace di offrire sempre nuove occasioni di coinvolgimento, trasformando la diversità in una risorsa per il bene comune.

Dal conflitto alla collaborazione: costruire ponti di pace con il dialogo quotidiano
Come possiamo costruire la pace nella vita quotidiana?
La pace come progetto e non come semplice assenza di conflitto
Spesso si pensa alla pace come alla semplice assenza di guerra o di conflitto. Tuttavia, Gabriele Segre ci invita a considerare la pace come un progetto dinamico, un traguardo che richiede un impegno costante e consapevole. La pace non è uno stato statico, ma un processo in cui la convivenza e la collaborazione diventano pratiche quotidiane.
In questo senso, la pace si costruisce nel quotidiano, nelle relazioni sociali, nel rispetto delle differenze e nella capacità di dialogo. Non si tratta di eliminare il conflitto, che è inevitabile quando esistono pluralità di idee e di valori, ma di gestirlo in modo costruttivo, evitando che degeneri in violenza o esclusione.
La cultura del dialogo come strumento di pace
Il dialogo è uno degli strumenti più potenti per costruire pace. È una forma di conflittualità regolata, che permette di mettere in discussione le proprie certezze e di confrontarsi con le idee altrui senza ricorrere alla violenza. Attraverso il dialogo si può trasformare il conflitto in un’opportunità di crescita e di evoluzione comune.
Costruire una cultura del dialogo significa educare alla tolleranza, al rispetto e alla comprensione reciproca, valori fondamentali per una convivenza pacifica e prospera. Questo impegno parte da ogni individuo e si estende a livello sociale e istituzionale, creando un ambiente favorevole alla cooperazione e alla solidarietà.
Come superare la cultura della conflittualità?
Conflittualità come elemento naturale e inevitabile
La conflittualità non è di per sé negativa; è un elemento naturale di ogni società pluralistica. La presenza di diverse idee, interessi e identità genera inevitabilmente tensioni e confronti. Il problema non è quindi eliminare il conflitto, ma gestirlo in modo che non diventi distruttivo.
La sfida è mantenere la conflittualità entro limiti culturali e sociali che ne consentano la funzione positiva di stimolo al cambiamento e all’evoluzione, evitando che si trasformi in violenza o esclusione. La convivenza è proprio la capacità di trasformare la conflittualità in un progetto collettivo e condiviso.
Dal conflitto alla convivenza: un cammino possibile
Per superare la cultura della conflittualità è necessario promuovere una visione della società come spazio di relazione e mutamento continuo, in cui la diversità è vista come una risorsa e il confronto come un’opportunità di crescita. Questo richiede un cambiamento culturale profondo, che parte dall’educazione e si estende a tutti i livelli della vita sociale.
In questo percorso, il dialogo, la partecipazione e la costruzione di progetti comuni diventano strumenti essenziali per creare una convivenza pacifica e produttiva, capace di affrontare le sfide del presente e del futuro con speranza e responsabilità.
Puoi lasciarci con un pensiero finale di riflessione?
Un invito a uscire dalla bolla delle certezze
Il pensiero finale di Gabriele Segre è un invito a riflettere sul modo in cui affrontiamo la polarizzazione nelle nostre società. Non si tratta di combattere le differenze o di cercare un compromesso che annulli le nostre convinzioni, ma di trasformare il confronto e il conflitto in un dialogo aperto e sincero.
Fare un passo verso l’altro significa uscire dalla propria zona di comfort e dalle certezze apparenti, accettando la complessità e la molteplicità delle identità. Questo passo può essere scomodo, ma è essenziale per evitare la violenza e costruire una convivenza fondata sulla comprensione e sul rispetto reciproco.
La speranza di un futuro condiviso
Questa riflessione ci lascia con un messaggio di speranza. Nonostante le difficoltà e le divisioni, è possibile costruire una società più inclusiva, partecipativa e pacifica, se siamo disposti a metterci in gioco e a riconoscere il valore dell’altro. Il futuro della convivenza dipende dalla nostra capacità di ridefinire l’identità in modo dinamico e condiviso, aprendoci al dialogo e alla collaborazione.
In questo senso, il percorso di ridefinizione dell’identità non è solo una sfida intellettuale, ma un impegno concreto e quotidiano che riguarda ciascuno di noi, nella nostra vita personale e collettiva.
Conclusione
In un tempo segnato da polarizzazioni e frammentazioni, la riflessione proposta da Gabriele Segre rappresenta un invito a ripensare radicalmente il concetto di identità. Non più confine che separa, ma spazio relazionale che si costruisce nel dialogo, nella pluralità e nella partecipazione. Ridefinire l’identità, oggi, significa aprirsi alla possibilità di un “noi” condiviso, capace di accogliere la diversità senza rinunciare alla coesione sociale.
Costruire comunità inclusive e resilienti richiede il coraggio di uscire dalle certezze consolidate, riconoscendo nella relazione con l’altro non una minaccia, ma un’opportunità di crescita collettiva. In questa prospettiva, la convivenza diventa non solo possibile, ma necessaria per immaginare un futuro comune più giusto, solidale e pacifico.
Per chi desidera approfondire questi temi, è disponibile anche il precedente articolo sul podcast INTessere, intitolato “Episodio 3 – Attraversare confini: identità intrecciate per costruire comunità”, accessibile qui.